Il Partito comunista minaccia “punizioni” ai suoi membri se religiosi
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- Pubblicato Mercoledì, 26 Luglio 2017 17:02
Pechino ,I membri del Partito comunista cinese “non debbono avere credenze religiose”, ma seguire il marxismo ateo, altrimenti saranno puniti. La minaccia è contenuta in un articolo del Global Times, quotidiano in inglese del Partito comunista cinese, che cita una dichiarazione del capo dell’Amministrazione statale per gli affari religiosi, Wang Zuoan.
La presa di posizione sembra evidenziare che, malgrado le minacce, il problema continua a esistere. L’articolo, infatti, torna a ripetere, sostanzialmente, quanto il Partito aveva affermato, da ultimo, nel 2014, sulla incompatibilità tra l’appartenenza al PCC e l’essere credente, da sempre visto con sospetto e timore.
“I membri del Partito – scrive infatti Zuoan in un articolo pubblicato sul Qiushi Journal, rivista del Comitato centrale del Partito – non dovrebbero avere credenze religiose, che è una linea rossa per tutti i membri … I membri del Partito dovrebbero essere fermamente ateisti marxisti, rispettare le regole del Partito e aderire alla fede del partito … non sono autorizzati a cercare valore e credenza nella religione”. E, aggiunge, i funzionari che hanno fedi religiose debbono essere convinti ad abbandonarle, mentre coloro che resistono saranno puniti dal Partito. Ai membri del Partito, infine, è anche vietato sostenere o essere coinvolti in affari religiosi in nome dello sviluppo dell’economia o della diversificazione della cultura.
Per Zhu Weiqun, presidente del Ethnic and Religious Committee of the Chinese People’s Political Consultative Conference, “è importante che Wang costantemente ricordi ai membri del Partito di non avere credenze religiose. Alcune persone che pretendono di essere studiosi hanno dato sostegno alle credenze religiose nel Partito, minandone i valori basati sul materialismo dialettico”. E, ha aggiunto, una volta danneggiati i valori del Partito, sarebbero sabotati l’unità e anche la politica di base del Partito verso le religioni.
Wang ha poi sottolineato la necessità di una ferma direzione politica nella gestione degli affari religiosi. “Le religioni dovrebbero essere sinicizzate … Dobbiamo guidare gruppi religiosi e individui con i valori fondamentali del socialismo e le eccellenze della cultura tradizionale cinese e aiutare i gruppi religiosi a scavare nelle loro dottrine per trovare parti che sostengano l’armonia e o sviluppo sociale”. “Alcune forze straniere hanno usato la religione per infiltrarsi in Cina e in alcuni luoghi si sono diffusi attività religiose illegali, che hanno minacciato la sicurezza nazionale e la stabilità sociale”.
Alcune forze straniere, ha dichiarato da parte sua al Global Times Su Wei, professore alla Scuola di partito, hanno usato religioni, tra cui il cristianesimo e l’Islam, due religioni non locali, per diffondere deliberatamente le proprie opinioni politiche in Cina. Egli ha aggiunto che alcune dottrine religiose dovranno essere adattate per armonizzarsi all’etica e alle abitudini cinesi.
Su ha anche notato che la regola che vieta ai membri del partito di avere credenze religiose sarebbe permanente, ma può comportare più lavoro nella regione autonoma della Ningxia Hui nella Cina nord-occidentale, nella regione autonoma di Xinjiang Uyghur e nella provincia di Gansu, nonché nella regione autonoma del Tibet della Cina sud-occidentale.
SOS Stato di Diritto: Emergenza Uiguri
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- Pubblicato Martedì, 25 Luglio 2017 10:22
Il Senatore Luigi Compagna, in collaborazione con il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito (PRNTT) e l’Organizzazione delle Nazioni e dei Popoli Non Rappresentati (UNPO), vi invita alla conferenza stampa intitolata ‘’SOS Stato di Diritto: Emergenza Uiguri’’ il 26 luglio 2017 alle ore 12:00 presso la Sala Caduti di Nassirya, Presso il Senato della Repubblica a Palazzo Madama.
Relatori:
Sen. Luigi Compagna
Maurizio Turco, Coordinatore Presidenza, PRNTT
Laura Harth, Rappresentante ONU, PRNTT
Lucia Parrucci, Advocacy Officer, UNPO
Dolkun Isa, Segretario Generale, Congresso Mondiale Uiguro
Spyware di Stato in Cina: cittadini obbligati a installare un'app per la sorveglianza
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- Pubblicato Lunedì, 24 Luglio 2017 18:28
I residenti di religione musulmana nella regione dello Xinjiang vengono obbligati a installare un'app che scansiona il contenuto del dispositivo mobile e raccoglie i log delle chat.
Cairo, si sospetta Pechino per l'arresto di centinaia di studenti uiguri
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- Pubblicato Venerdì, 21 Luglio 2017 12:15
Dietro il fermo vi sarebbe la mano del governo di Pechino, che preme per un rimpatrio dei giovani. Rientrati in Cina essi sono condannati a diversi anni di carcere con accuse generiche di terrorismo ed estremismo. Attivisti e ong internazionali denunciano la mancanza di tutela legale per gli arrestati e di accuse “ridicole”.
Dietro il fermo di un gruppo di studenti cinesi uiguri in Egitto vi sarebbero i servizi di intelligence del Cairo, i quali avrebbero agito in seguito a un accordo fra il governo locale e le autorità di Pechino. È la denuncia rilanciata da Radio Free Asia (Rfa) di un gruppo di attivisti pro diritti umani, secondo i quali le autorità cinesi avrebbero “ordinato” la caccia all’uomo contro gli esponenti della minoranza musulmana.
Dal 4 luglio scorso oltre 200 uiguri, la maggioranza dei quali studenti all’università islamica di al-Azhar, sono in stato di arresto. I giovani sono stati prelevati all’interno delle loro abitazioni, nei ristoranti o in altri locali pubblici; altri ancora sono stati fermati in aeroporto, mentre cercavano di partire verso nazioni considerate più sicure. A questi si aggiungono decine di altri esponenti della minoranza musulmana cinese già “deportati” nel Paese di origine; attivisti e organizzazioni pro diritti umani lanciano l’allarme, perché in Cina essi rischiano di subire arresti arbitrari o torture.
Le autorità del Cairo smentiscono i raid contro gli uiguri e affermano che le persone trattenute o arrestate presentavano “irregolarità” nei permessi di soggiorno. Tuttavia, gruppi uiguri in esilio e altri colleghi studenti affermano che i fermi “sono stati ordinati dalla Cina” perché essi sarebbero sospettati di “essersi uniti a organizzazioni estremiste”.
Fonti anonime di Rfa riferiscono che solo nel fine settimana scorso almeno 50 studenti uiguri sarebbero stati arrestati e condotti in 14 diverse stazioni di polizia al Cairo e Alessandria. In questi giorni i ministeri degli Esteri di Egitto e Cina - legati nell’ultimo periodo da rapporti economici e commerciali sempre più stretti - starebbero discutendo su “come affrontare la questione” e che non saranno deportati nel Paese di origine ma in una nazione terza “nel peggiore dei casi”. In realtà, dalle ultime informazioni emerge che i giovani sono stati ammanettati e avvisati di un “rimpatrio in Cina”, dopo essere stati identificati e fotografati presso gli uffici dell’ambasciata cinese in Egitto.
Ieri è circolata con insistenza la voce secondo cui “almeno 73 studenti uiguri” sono al momento trattenuti nel quartier generale del Dipartimento di intelligence (Gip) al Cairo. In seguito essi sono stati trasferiti nella famigerata prigione di Tora, nella capitale egiziana, e qui interrogati da funzionari dell’ambasciata cinese.
Attivisti e gruppi internazionali denunciano con preoccupazione il coinvolgimento dell’intelligence egiziana e le “pressioni” esercitate dal governo di Pechino. Inoltre, la mancanza di trasparenza delle autorità del Cairo e le difficoltà nei contatti rendono anche difficile una tutela legale per le persone arrestate. Al momento risulta incerto anche il numero degli studenti fermati e il luogo di detenzione, le ragioni alla base del fermo e le possibilità di rimpatrio. Fonti non ufficiali affermano che i giovani arrestati e rimpatriati in Cina sono stati condannati a 15 anni di galera per “incitamento all’ideologia estremista”; accuse che gli attivisti definiscono “ridicole”.
La stretta di Pechino
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- Pubblicato Domenica, 16 Luglio 2017 15:45
Il 10 giugno, le autorità dello Xinjiang hanno arrestato una decina di esponenti della minoranza etnica kazaka per «avere avuto stretti legami» con un gruppo di uiguri. L’ha riportato Radio Free Asia, citando fonti locali. I kazaki sono stati arrestati nel distretto di Maytag, nella città di Karamay, e sarebbero stati accusati di avere pregato insieme agli uiguri al di fuori dei luoghi consentiti, secondo recenti disposizioni della autorità che considerano «legali» solo alcune moschee.
Pochi giorni prima, sempre secondo Rfa e sempre in Xinjiang, un imam kazako di nome Akmet era morto mentre si trovava agli arresti. La versione ufficiale parla di suicidio.
Durante il mese del Ramadan – dal 26 maggio al 24 giugno – nella prefettura di Hotan, nel sud della regione autonoma, a ogni nucleo familiare uiguro è stato assegnato un funzionario che, per almeno 15 giorni, ha condiviso ogni aspetto della sua vita quotidiana. L’intento era quello di controllare che le famiglie non digiunassero e non pregassero. Nel frattempo, in tutta la regione, i ristoranti erano obbligati a restare aperti e veniva ristretto l’accesso alle moschee.