Mezzo milione di bimbi uiguri tolti ai genitori per essere “educati” ad amare il partito e la Cina
- Dettagli
- Pubblicato Lunedì, 30 Dicembre 2019 01:29
Il Congresso Usa, in una rara prova di unita’ bipartisan, prova a mettere all’angolo Donald Trump. I democratici e i repubblicani sono al lavoro su un provvedimento a prova di veto presidenziale che costringa il presidente a usare il pugno duro con la Cina in termini di diritti umani. Una mossa che arriva mentre emergono nuovi dettagli agghiaccianti sulla stretta di Pechino contro l’islam nella provincia dello Xinjiang, dove mezzo milione di bambini uiguri e musulmani e’ stato separato dalle famiglie per essere indottrinato al rispetto del partito comunista e del Paese. Le nuove rivelazioni del New York Times mostrano come neanche i bimbi sfuggano all’affondo della Cina contro le minoranze musulmane. Centinaia di scuole-collegi sono state aperte nella regione dello Xinjiang, dove gli insegnanti uiguri sono stati messi in carcere e sostituiti da migliaia di professori scelti nel resto del Paese. Le scuole sono descritte da Pechino come un tentativo di combattere la poverta’ e offrire ai bambini l’istruzione necessaria. Ma – denuncia il New York Times – la realta’ e’ diversa: l’obiettivo e’ spezzare l’impatto dell’atmosfera religiosa che i bimbi respirano nelle loro famiglie e istruirli ad “amare il partito e il Paese”. Si inserisce in questo quadro l’abolizione delle lingua ufficiale degli uiguri e l’insegnamento, al suo posto, del cinese. Contro questo tipo di atteggiamento il Congresso americano intende agire. E intende farlo mettendo Trump all’angolo: il via libera a larga maggioranza bipartisan a norme che obbligano la Casa Bianca a far sentire la sua voce e il suo peso sui diritti umani con Pechino obbligherebbe il presidente a firmarle o a rischiare di essere scavalcato dal Congresso nell’anno elettorale. Un’ipotesi quest’ultima che Trump non puo’ permettersi per non apparire debole agli occhi dei suoi sostenitori. Il Congresso di recente ha gia’ sfidato Trump sul fronte dei diritti umani, schierandosi a sostegno dei manifestanti di Hong Kong, e costringendolo a fare lo stesso. Nei prossimi mesi oltre alla Cina nel mirino ci sono anche la Turchia e l’Arabia Saudita, che il Congresso vorrebbe punire per i loro abusi sui diritti umani. Intanto arriva dall’Assemblea generale dell’Onu una condanna alla Birmania per le violazioni dei diritti umani nei confronti dei Rohingya, incluse le torture e le incarcerazioni.
Parlamento Ue: votata risoluzione, “migliaia di uiguri e kazaki detenuti in campi di concentramento in Cina. Adottare sanzioni”
- Dettagli
- Pubblicato Sabato, 21 Dicembre 2019 22:35
(Strasburgo) Il Parlamento europeo “condanna fermamente il fatto che centinaia di migliaia di uiguri e persone di etnia kazaka siano stati inviati in ‘campi di rieducazione’ politica, sulla base di un sistema di polizia predittiva, ed esorta il governo cinese a porre immediatamente fine alla pratica delle detenzioni arbitrarie di membri delle minoranze uigura e kazaka in assenza di capi d’accusa, di un processo o di condanne per reati, a chiudere tutti i campi e i centri di detenzione e a liberare immediatamente e incondizionatamente le persone detenute, compreso il vincitore del Premio Sacharov di quest’anno, Ilham Tohti”. Gli eurodeputati hanno votato oggi una risoluzione che fa eco a quanto affermato ieri a Strasburgo proprio durante la cerimonia del conferimento del Sacharov 2019 all’economista uiguro Tothi. “Esistono solide informazioni secondo cui gli uiguri e altre minoranze etniche, principalmente musulmane, nella provincia dello Xinjiang sono soggetti a detenzioni arbitrarie, torture, a pesanti restrizioni delle pratiche religiose e a un’ampia sorveglianza digitalizzata”, sottolinea il Parlamento. I deputati chiedono alle autorità cinesi di “garantire ai giornalisti e agli osservatori internazionali un accesso libero alla Regione autonoma uigura dello Xinjiang per valutare la situazione nel territorio”. L’approccio adottato e gli strumenti utilizzati fino ad oggi dall’Ue “non hanno prodotto progressi tangibili nella situazione dei diritti umani in Cina, che è invece peggiorata nell’ultimo decennio”.
È essenziale, secondo la risoluzione, che l’Ue “sollevi la questione della violazione dei diritti umani in Cina in ogni dialogo politico con le autorità cinesi”. I deputati chiedono al Consiglio di adottare sanzioni mirate e di congelare i beni, se ritenuto opportuno ed efficace, contro i funzionari cinesi responsabili di una grave repressione dei diritti fondamentali nello Xinjiang.
Fonte : https://agensir.it/
La Cina rilasci Ilham Tohti, vincitore del Premio Sakharov 2019, e chiuda i campi di rieducazione per la minoranza uiguri. Siamo pronti a sanzioni mirate
- Dettagli
- Pubblicato Sabato, 21 Dicembre 2019 22:27
I Socialisti e Democratici lanciano un appello alle autorità cinesi affinché rilascino immediatamente e incondizionatamente Ilham Tohti, l’economista che si batte per i diritti della minoranza cinese uiguri, vincitore del Premio Sakharov per la Libertà di Pensiero assegnato quest’anno dal Parlamento europeo.
Il nostro Gruppo sosterrà la risoluzione che si voterà domani, e condannerà fermamente la pratica dei campi di rieducazione nello Xinjang, luoghi in cui, come confermato dai cosiddetti “China leaks”, circa un milione di persone appartenenti alla minoranza uiguri e di etnia kazaka, sono detenuti senza essere stati sottoposti a processo, in molti casi solo per essere di religione musulmana. Chiederemo agli stati membri di lavorare alla definizione di sanzioni mirate contro i funzionari cinesi responsabili di questa gravissima violazione dei diritti umani.
Il Gruppo S&D è profondamente sgomento e Ilham Tohti non ha potuto nemmeno venire a Strasburgo a ritirare personalmente il premio. Condannato al carcere a vita dalle autorità cinesi nell’ambito di un processo ad alto contenuto spettacolare nel 2014 e sulla base di accuse infondate e inconsistenti, oggi è rappresentato da sua figlia, la coraggiosa Jehwer. Ilham è il leader degli intellettuali, degli economisti e degli studiosi uiguri, la cui unica colpa è stata quella di schierarsi fermamente invocando la pace e il rispetto dei diritti umani per una minoranza a prevalenza musulmana residente nella regione occidentale cinese dello Xinjiang.
Kati Piri, vicepresidente S&D agli affari esteri, ha dichiarato:
“Vi sono numerose evidenze che testimoniano come il governo cinese si sia reso responsabile di violazioni dei diritti umani nei confronti della minoranza uiguri nel Paese. Assegnando il Premio Sakharov a Ilham Tohti, intendavamo puntare i riflettori sulla necessità di affermare la pace e il rispetto dei diritti umani, universali e indivisibili, quali principi fondanti l’azione esterna dell’Unione europea.
“Esortiamo le autorità cinesi a rilasciare immediatamente Tohti e tutti gli attivisti detenuti per il loro lavoro a difesa dei diritti umani.
“È inaccettabile che a Tohti sia preclusa la possibilità di confrontarsi senza restrizioni con la propria famiglia e i propri avvocati. Chiediamo anche degli approfondimenti urgenti e ufficiali su presunte torture subite da Tohti, affinché gli eventuali responsabili siano assicurati alla giustizia”.
Isabel Santos, eurodeputata S&D e portavoce del Gruppo per i diritti umani, ha aggiunto:
“Tohti è l’ennesima prova che la Cina prosegue nel solco di una politica di oppressione e spregio delle più elementari libertà civili contenute nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Questo approccio è tanto più evidente nello Xinjiang e Tibet, dove si sono consumati veri e propri genocidi culturali.
“I campi di rieducazione, le torture, le scomparse e le esecuzioni extragiudiziali, sono violazioni dei diritti umani che in Cina continuano ad esistere. L’Europa non può rimanere indifferente o insensibile a queste atrocità. Dobbiamo definire una strategia di relazioni con la Cina che persuada il governo a chiudere i campi e a porre fine a tutte le violazioni dei diritti umani nello Xinjiang e in Tibet.
Evelyne Gebhardt, vicepresidente della delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con la Cina e negoziatrice S&D sulla risoluzione, ha infine commentato:
“Le recenti rivelazioni contenute nei cosiddetti ‘China Cables’, confermano che negli ultimi anni la situazione nello Xinjiang si è rapidamente deteriorata e che il governo cinese sta perseguitando risolutamente le persone della minoranza uiguri, per annichilire la loro identità culturale in ragione della fede professata. Si rende necessaria un’inchiesta condotta da esperti indipendenti nei campi di detenzione. Le autorità cinesi dovrebbero fornire informazioni riguardo la localizzazione e le condizioni delle persone detenute. Tutti i campi e i centri di detenzione devono essere chiusi e le persone detenute rilasciate con effetto immediato e senza condizioni.
“Ci aspettiamo che gli stati membri adottino misure sanzionatorie mirate contro i funzionari cinesi responsabili delle detenzioni di massa degli uiguri e degli altri musulmani Turkic in Xinjiang, e per la grave repressione della libertà di religione in quell’area. Il rispetto dei diritti umani e lo Stato diritto sono condizioni irrinunciabili per un rafforzamento delle relazioni e della reciproca comprensione fra Cina e Unione europea”.
Jewher Tohti. La questione uigura non è politica ma umanitaria
- Dettagli
- Pubblicato Giovedì, 19 Dicembre 2019 12:29
Strasburgo – Jewher Tohti ha ritirato dal Parlamento Europeo il premio Premio Sakharov per la libertà di coscienza, assegnato al padre Ilham Tohti, professore universitario e attivista per i diritti della minoranza uiguri, per questo condannato all’ergastolo nel 2014 dalle autorità cinesi.
Venticinquenne, residente negli Stati Uniti, Jewher non vede il padre dal 2013, da quando insieme stavano cercando di lasciare la Cina diretti negli Usa: Ilham è stato arrestato lì, all’aeroporto il 2 febbraio, rilasciato dopo 3 giorni, è stato nuovamente arrestato nel 2014 e questa volta condannato all’ergastolo con le accuse di separatismo, estremismo e promozione della violenza.
Il resto della sua famiglia, che vive ancora nella regione uigura (Xinjiang), ha visto Ilham Tohti in prigione nel 2017, lo stesso anno in cui sono stati istituiti i campi di concentramento per la minoranza islamica uiguri. Da allora del professore non si hanno più notizie: non si sa se è ancora rinchiuso nella stessa prigione, se è stato trasferito, se è in buona salute o se è ancora vivo. La famiglia ha paura di andare a chiedere all’autorità notizie sul professore: ha paura di finire in prigione.
Rispetto ai campi di concentramento, dove si stima siano rinchiusi circa un milione di Uiguri, Jewher Tohti racconta alla stampa francese, come, pur sapendo da tempo delle violenze che i Cinesi perpetuano nei confronti della minoranza, non ne avevano le prove. E ottenerle è stato molto difficile. Poi sono state prese le immagini satellitari dei campi, sono trapelati documenti del governo, sono arrivate le testimonianze attraverso l’app TikTok, alle quali si sono aggiunte quelle dei sopravvissuti ai campi, dai quali erano riusciti a fuggire. Informazioni, afferma Jewher, che combaciano sulle torture, l’indottrinamento, i lavori forzati e gli stupri ai quali sono costretti i prigionieri nei campi.
Ma vivono in estrema difficoltà anche gli appartenenti alla comunità non arrestati: le ragazze, soprattutto, come accade alle coetanee dei paesi limitrofi alla Cina, sono costrette a sposare un cinese, a mangiare carne di maiale, a bere alcolici (loro che sono musulmane), sotto la minaccia di finire sia loro o i loro genitori nei campi.
Jewher ha alcuni contatti in Cina, ma con poche persone: molti le impediscono l’accesso sulle proprie pagine social. “Mi hanno bloccata” racconta, come ha fatto il resto della sua famiglia con la quale non parla dal 2015; “bloccata” anche da loro “perché non hanno avuto scelta o, forse, perché hanno paura, sentimento che capisco perfettamente”.
L’apprensione non solo per il padre ma per tutta la sua famiglia è il primo pensiero di Jewher Tohti che pur avendo incontrato alcuni degli uiguri rifugiati in Europa (che hanno famigliari nei campi) preferisce non condividere la causa con altri gruppi, perché “potrebbe essere pericoloso. Non voglio fare del male alla mia famiglia per un errore involontario”. Preferisce lottare da sola per le sue idee essere “responsabile delle mie stesse parole”.
Considera il premio Sakharov “un onore per mio padre” ma soprattutto “una speranza per tutta la comunità uigura”, che potrebbe portare “consapevolezza in tutto il mondo” e contribuire a ridare “la libertà alla mia famiglia e a tutti gli uiguri” in prigione. Altrettanto importante ritiene la decisione degli Stati Uniti d’imporre sanzioni contro alti funzionari cinesi dello Xinjiang, un gesto che potrebbe essere imitato da altri Governi.
Ma per Jewher non è abbastanza, né sarà mai abbastanza “fino a quando ogni persona non verrà rilasciata”. Giudica la persecuzione alla comunità islamica “una delle peggiori dalla seconda guerra mondiale in poi. Dunque non è una questione politica: “La politica non m’interessa – incalza Jewher – è una questione di umanità. La storia si ripete. E questo deve cambiare”.
Fotografie dall’alto: 1 e 3 – Strasburgo, Parlamento Europeo, 18 dicembre 2019 – Jewher Tohti mentre ritira il premo Sakharov e in basso col il presidente David Sassoli; 2) Ilham Tohti, condannato all’ergastolo nel 2014
Perché il messaggio di Ozil è importante
- Dettagli
- Pubblicato Mercoledì, 18 Dicembre 2019 15:41
Venerdì mattina, due giorni prima di Arsenal-Manchester City, che l’ha visto in campo per circa 60 minuti di gioco, Mesut Özil ha pubblicato un lungo messaggio sul proprio profilo Instagram e Twitter riguardo alla drammatica situazione degli uiguri dello Xinjiang, in Cina
Ha scritto: «Il Turkestan orientale, la ferita sanguinante dell’ummah [la comunità dei fedeli musulmani ], sta resistendo contro gli aguzzini che provano a privarlo della sua religione. Bruciano i loro Corani. Chiudono le loro moschee. Bandiscono le loro scuole. Uccidono i loro leader spirituali. Gli uomini sono portati di forza dentro campi di concentramento e le loro famiglie costrette a vivere con uomini cinesi. Le donne sono costrette a sposare uomini cinesi».
«Nonostante ciò, i musulmani rimangono in silenzio. Non solleveranno una foglia. Hanno abbandonato gli uiguri. Non lo sanno che dare il proprio consenso a una persecuzione è come commetterla?».
Della situazione degli uiguri nello Xinjiang si parla da diversi anni ormai – anche qui sull’Ultimo Uomo ne abbiamo parlato diverse volte, l’ultima non troppo tempo fa – ma il messaggio di Özil è arrivato in un momento di estrema pressione internazionale nei confronti di Pechino sulla questione: a quasi un mese esatto da quando il New York Times ha rivelato più di 400 pagine di documenti interni al Partito Comunista Cinese, che hanno gettato nuova luce su quello che probabilmente è un gigantesco sistema di campi di concentramento e rieducazione utilizzato per controllare una minoranza religiosa accusata di foraggiare il terrorismo.
E a circa due settimane da quando la Camera dei deputati statunitense ha approvato una mozione quasi all’unanimità per imporre delle sanzioni su alcuni membri del governo cinese, proprio per via delle sistematiche violazioni dei diritti umani perpetrate nei confronti degli uiguri.
D’altra parte lo sport è ormai diventato una delle frontiere più calde dell’arena geopolitica globale, e quindi non stupisce che il messaggio di Özil sia stato percepito dalla Cina come una minaccia quasi equivalente alla mozione del Parlamento degli Stati Uniti, dopo la quale il Ministro degli Esteri di Pechino aveva annunciato non meglio specificate ritorsioni.
Come ritorsione nei confronti delle parole di Özil, invece, la televisione di stato di Pechino (CCTV) ha deciso di non trasmettere Arsenal-Manchester City, sostituita da Wolverhampton-Tottenham, ed è possibile che in futuro il club londinese farà più fatica ad accedere al mercato cinese – un mercato che solo in termini di diritti TV frutta all’intera Premier League poco meno di 235 milioni di dollari l’anno fino al 2022.
A nulla, quindi, sono servite le frettolose rassicurazioni dell’Arsenal, che sul proprio account Weibo, un social network molto utilizzato in Cina, aveva scritto che “il contenuto pubblicato è un’opinione personale di Özil” e che “come club di calcio, l’Arsenal ha sempre aderito al principio di non rimanere coinvolto nella politica”.
Un comunicato surreale non solo per le sue implicazioni etiche riguardo alla controversa situazione degli uiguri, ma anche perché arrivava a poche ore di distanza da quando Bellerin aveva invitato di fatto i suoi follower a votare Labour alle elezioni inglesi, in un tweet che si concludeva con un più che esplicito hashtag #FuckBoris (riferito ovviamente al leader del partito conservatore inglese Boris Johnson). In questo caso, però, l’Arsenal non si è sentito in dovere di precisare di non voler essere coinvolto in diatribe politiche.
L’Arsenal è solo ultimo esempio di come lo sport occidentale stia facendo fatica a venire a capo delle contraddizioni che comporta la collaborazione con un regime totalitario per espandere le proprie possibilità di business. Prima del club londinese negli ultimi mesi avevano incontrato gli stessi problemi prima la NBA, che aveva dovuto gestire le ripercussioni del tweet pro-Hong Kong del general manager degli Houston Rockets Daryl Morey (poi cancellato), e poi la Blizzard, che aveva squalificato un pro-player professionista dopo che questo aveva gridato “Liberate Hong Kong, rivoluzione della nostra era!” in diretta dopo aver vinto un torneo di Heartstone.