La Cina ed il “pericolo islamico”, storia di uno scontro
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- Pubblicato Giovedì, 02 Maggio 2013 21:40
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Un fedele prega in una moschea nella regione autonoma di Ningxia Hui, Cina. |
Il rapporto tra l’islam e la Cina è antico, lo si può far risalire al VII sec. quando la religione islamica vi giunse tramite la Via della Seta (oltre che via mare dalle coste orientali). Questa importantissima rotta carovaniera è sempre stata luogo di scambio ed incontro tra la Cina e le popolazioni dell’Asia Centrale, nonché un elemento fondamentale nei rapporti con il mondo islamico.
Nella Cina confuciana vigeva il disinteresse per tutto quello che riguardava il commercio, e questo ha fatto sì che la coesistenza di arabi, persiani musulmani e popolazione locale fosse pacifica; per contro questo ostracismo ha comportato il rimanere di pochi scritti riguardanti l’islam, redatti in periodo decisamente più tardo. I musulmani erano visti ancor prima come “barbari da educare”, e il fatto che si cercasse di sinizzare (ossia far diventare cinese) l’islam ha lasciato profonde conseguenze.
Tuttavia, se l’interesse religioso per le culture provenienti da ovest era di fatto assente, non lo era quello politico-economico. Infatti le dinastie regnanti cinesi hanno più volte combattuto con i loro vicini occidentali per il controllo della Via della Seta. E battaglia importante, non solo per la Cina, fu quella che si combattè nel 751 sulle rive del fiume Talas (nell’odierno Kazakistan). La dinastia Tang era allora in guerra con il Tibet, che aveva recentemente occupato il bacino del Tarim, elemento fondamentale per il controllo della sezione centroasiatica della Via della Seta.
L’Asia Centrale era, a fasi alterne, un protettorato cinese, ed in occasione della guerra col Tibet, le truppe cinesi guidate dal generale coreano Gao Xianzh penetrarono in Transoxiana (corrispondente a gran parte dell’Uzbekistan ed alle regioni sud-occidentali del Kazakistan), venendo a contatto con le forze arabe; queste, rinforzate da contingenti turchi e provenienti dalla Persia, stavano espandendo la loro influenza verso est. La battaglia vide i cinesi sconfitti e segnò la definitiva islamizzazione dell’Asia Centrale e la rinuncia cinese al controllo della Via della Seta, in quella che fu una sorta di spartizione dell’area altaica. Un altra, e forse la più importante, conseguenza della battaglia del Talas fu la diffusione della carta, tramite prigionieri cinesi, nel mondo islamico e da lì in Europa.
Oggi il rapporto cinese con l’islam è conflittuale, al punto che la Cina ha fatto della lotta al fondamentalismo islamico una delle sue linee di condotta politica. L’islam cinese è in constante crescita, ed i timori di Pechino sono soprattutto legati alla regione autonoma del Xinjiang, dove la popolazione musulmana degli Uiguri, di etnia turca, è maggioritaria. Il conflitto tra Uiguri e autorità cinesi è una costante storica, al punto che la regione ha più volte tentato di rendersi indipendente da Pechino, come nel caso del “Turkestan orientale” tra 1911 e 1949. Le ribellioni degli Uiguri sono state numerose, di particolare rilevanza quelle nel XIX e XX sec., tra cui possiamo ricordare la sollevazione del 1990, poi repressa con le armi, a Barin, con l’occupazione del municipio ed il massacro dei funzionari cinesi. Dopo gli attentati di New York del 2001 la situazione sarebbe notevolmente peggiorata, al punto che gli Uiguri denunciano un vero e proprio tentativo da parte di Pechino di cancellare la loro etnia.
Ma Pechino è preoccupata anche per la possibile diffusione dell’islam radicale anche tra un’altra etnia di fede musulmana: gli Hui. Stabilitisi nel centro della Cina e discendenti da popolazioni mongole e turche migrate verso sud, gli Hui hanno sempre rappresentato un islam sinizzato, che non ha mai opposto resistenza, a differenza degli Uiguri, alle politiche religiose del governo, disinteressandosi della vita politica. Oggi anche tra gli Hui si nota un crescere del fervose religioso, e questo preoccupa le autorità cinesi.
La Cina si trova dunque ad affrontare una difficile scelta tra il pericolo di aumentare la radicalità dell’islam attraverso la repressione, oppure cambiare radicalmente le politiche in merito alla libertà religiosa delle sue minoranze, in particolare quelle di credo islamico. Resta il fatto che dal resto del mondo giungono ben poche voci a difesa dei diritti dei musulmani cinesi dello Xinjiang. Ma in fondo, Ürümqi non è Lhasa…
Fonte: asiablog.it
Lasciare l'Italia: chi sono i nuovi migranti
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- Pubblicato Lunedì, 29 Aprile 2013 23:15
Giovani e senior. Tutti delusi dal sistema. Traslocano in Canada e in Cina. Ma anche in Australia e Sudamerica. Le storie e le esperienze di chi si è lasciato il Paese alle spalle.
La diaspora non conosce battute d'arresto. Gli italiani scappano dall'Italia al ritmo di quasi 200 mila all'anno. Sono donne e uomini in fuga da un Paese chino su se stesso, svuotato di energia e incapace di futuro.
4 MILIONI DI ESPATRIATI. Alla fine del 2012, l'Anagrafe degli italiani all'estero del ministero dell'Interno contava 4 milioni e 340 mila espatriati. Come se la popolazione di Roma e dintorni avesse deciso in blocco di cambiare nazione. Nella nuova fuga le regioni di provenienza contano sempre meno. Il Lazio è il terzo polo per numero di partenze, dietro a Sicilia e Campania. Poi ci sono la Puglia e la Lombardia, seguite da Veneto e Piemonte. Per dare un'idea, nel 1992, quando al governo c'era Giuliano Amato, tornato alla ribalta delle cronache come una riserva della Repubblica, l'Aire registrò 122 mila nuove iscrizioni.
AUMENTO DEL 12% L'ANNO. Da allora nelle cifre degli espatriati si può leggere la stagnazione del Paese. Ogni crisi è stata anticipata da fughe preventive e seguita da ondate di partenze per rassegnazione. Nel 2006 si è toccato il picco di 253.968 migranti. E dal 2008 al 2012 gli addii sono aumentati del 12%.
Boom dell'emigrazione in Canada: + 29% in quattro anni
Le mete sono quelle di sempre. Le vie tracciate dai nonni emigrati prima del boom economico, prima del mito della Vespa e di via Veneto. Argentina e Germania, i nemici-amici con nazionali eroiche da sfidare negli stadi, sono ancora le nazioni più gettonate con, rispettivamente, 691 mila e 652 mila presenze. Poi vengono Svizzera, Francia, Brasile, Belgio e Stati Uniti. Negli ultimi quattro anni le partenze per Buenos Aires e Berlino sono aumentate rispettivamente del 20,7% e del 7,3%.
Ma altri orizzonti hanno fatto breccia tra gli italiani in fuga. Per il Canada, per esempio, è vero boom: i connazionali residenti sono aumentati del 29% in quattro anni. In Cina sono cresciuti a un tasso ancor più sorprendente (+ 61%), ma i residenti (cioè quelli che si sono registrati negli elenchi) si fermano sotto quota 7 mila.
LA GERMANIA CERCA FORZA LAVORO. Anche la crisi contribuisce a plasmare i flussi migratori. E in qualche caso sono i governi a incanalarli. In Europa si assiste a una triste transumanza dai Paesi più deboli a quelli più forti dell'Unione.
Nel 2013, per esempio, attraverso la piattaforma Eures, l'agenzia europea che si occupa di mobilità, il governo di Berlino ha lanciato anche in Italia The Job of my life (il lavoro della mia vita).
Un programma coordinato dai ministeri del Lavoro italiano e tedesco per il reclutamento di giovani italiani dai 18 ai 35 anni (in alcune eccezioni a 40 anni) per contratti di apprendistato trasformabili a tempo indeterminato.
7 MILA CURRICULUM ALLE SELEZIONI. Prima di approdare in Italia, il progetto di Berlino ha fatto il tour dei Pigs europei, toccando Irlanda, Portogallo e Spagna. «Le selezioni», ha spiegato a Lettera43.it, Carmen Nettis, dello sportello Eures Italia del ministero di Roma, «sono iniziate a febbraio e si sono chiuse ad aprile». In circa tre mesi, sono stati raccolti 7 mila curriculum.
Rabiya kadeer è considerato come uno dei 500 musulmani più influenti
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- Pubblicato Lunedì, 29 Aprile 2013 22:10
Rabiya kadeer è considerato come uno dei 500 musulmani più influenti; una distinzione rara per una donna.
Fotovoltaico: Canada contro Cina
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- Pubblicato Lunedì, 29 Aprile 2013 21:35
L'accusa: concorrenza sleale nel commercio di silicio.
Dopo Stati Uniti, Europa e India anche il Canada accusa la Cina di concorrenza sleale nel campo degli impianti fotovoltaici. La Broder services agency ha, infatti, fatto sapere di avere avviato un’indagine preliminare sul silicio solare importato dalla Repubblica Popolare dopo aver ricevuto una denuncia da parte della Québec Silicon, azienda controllata di Globe Specialty Metals.
PRIME INDAGINI. La società, che è l'unica produttrice di silicio sul territorio canadese, ritiene infatti di essere stata danneggiata da presunte sovvenzioni e pratiche di dumping applicate dai competitor asiatici. L’indagine è stata avviata e le prime decisioni sono attese entro il 22 luglio. Se il tribunale dovesse assegnare delle misure compensative i dazi potrebbero essere retroattivi, andando a colpire anche l’import del mese di aprile.
PRATICHE SCORRETTE. «Per anni gli esportatori cinesi hanno preso di mira il Canada e venduto silicio a prezzi che hanno decimato il nostro mercato. La politica di Globe è quella di difendere i propri investimenti e lavoratori prendendo, ove necessario, contromisure commerciali nei confronti delle aziende che vendono i loro prodotti a prezzi di dumping e dei Paesi che sovvenzionano le loro esportazioni in violazione degli obblighi e degli impegni dell’Omc», ha commentato Jeff Bradley, amministratore delegato di Globe Specialty Metals.
Fonte: lettera43
Arresti in Turkestan Orientale dopo scontri
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- Pubblicato Lunedì, 29 Aprile 2013 21:09
(ANSA) - PECHINO, 29 APR - La polizia cinese ha effettuato altri arresti nello Turkestan Orientale, in aggiunta agli otto eseguiti la scorsa settimana subito dopo gli scontri nei quali sono state uccise 21 persone. Lo ha affermato oggi la televisione di Stato Cctv, senza specificare quanti siano gli arrestati. Negli scontri, avvenuti a Kashgar, sono rimasti uccisi 15 tra poliziotti e sei civili. La dinamica dei fatti non e' chiara.